lo yiddish gangster novel non l’ha inventato isaac singer: esisteva sin dall’inizio del novecento. ma è stato lui a farlo rivivere in un momento in cui, dopo la shoah, sembrava immorale mostrare come anche tra gli ebrei ci fossero prostitute, magnaccia, criminali e truffatori. tant’è che "ritorno in via krochmalna", il primo dei suoi tre «romanzi di gangster», è apparso in inglese soltanto dopo la morte dell’autore, e i due successivi, "max e flora" e "keyla la rossa", sono stati pubblicati solo di recente. "ritorno in via krochmalna", però, è più esplicito, più erotico, più crudo: se il max di "max e flora" giunge in europa insieme a una moglie molto amata, alla quale, sia pur tradendola, rimane in qualche modo fedele sino alla morte, il max protagonista di queste pagine lascia la sua in argentina e sbarca a varsavia, nel quartiere dov’è cresciuto – dopo aver fatto tappa a londra, parigi e berlino –, con molti soldi in tasca e un unico obiettivo: vincere l’impotenza che lo affligge e portarsi a letto una donna. ma il nostro max è anche lui un «ciarlatano», un bugiardo impenitente, un pasticcione velleitario, che pare condannato a una sorte beffarda: fare di tutto per precipitare verso la catastrofe. una catastrofe, drammatica e derisoria a un tempo, che lui stesso ha apparecchiato, moltiplicando gli intrighi amorosi e sessuali e imbastendo torbidi affari con più o meno loschi trafficanti. «be’, non importa,» finirà per dirsi quando non vedrà più vie d’uscita «sono perduto, perduto. non sfuggirò al mio destino».